Teatro Sociale Danilo Donati

Teatro Sociale Danilo Donati

Monumento Nazionale

Cenni storici
Nel 1813, con rogito del notaio Crema di Luzzara, alcuni proprietari del luogo acquistarono un fabbricato rustico nell’attuale piazza Tedeschi per costruirvi il teatro «principalmente ad uso dei dilettanti». Si formò, così, la prima Società Teatrale che si assunse l’onere di finanziare la costruzione dell’edificio. I lavori, iniziati nel 1813, incontrarono problemi e difficoltà di natura principalmente economica e gestionale. Dopo vari ripensamenti, fra cui nel 1839 l’idea di vendere l’edificio e di costruirne un altro a spese del comune, si arrivò ad aprire il nuovo teatro al pubblico la sera del 2 ottobre 1852, con la messa in scena dell’opera di Vincenzo Bellini I Caputeti e i Montecchi.

Non si sa a chi fosse stato affidato il progetto dell’edificio, mentre sono noti i nomi degli artisti ingaggiati per l’allestimento interno: lo scultore Ilario Bedotti e i pittori Luigi Casali Bassi e Cesare Cervi. Questi ultimi si erano già affermati nell’ambiente reggiano come decoratori parietali di case private e come curatori dell’impianto scenico presso il Teatro di Cittadella. Il sipario, oggi irreperibile, rappresentava la Fiera di Luzzara coi Principi Gonzaga. L’opera fu eseguita dal Casali, di cui si ricorda una definizione di Massimo d’Azeglio, tratta dall’opera I miei ricordi: «… un artista eclettico, ligio alla volontà del committente e allo spazio scenico nel quale dipingeva».

E’ molto difficile ricostruire le trasformazioni architettoniche che si sono susseguite nel teatro. A tal proposito non abbiamo documenti, le notizie sommarie sono ricavate da libri che a loro volta hanno attinto a documentazioni che non sono più reperibili. Restano solo date segnate sui muri dello stabile e qualche rara contabilità di lavori depositata presso l’archivio comunale. Addirittura in vari documenti si fa cenno all’utilizzo del teatro prima del 1852, data della inaugurazione. In alcuni libri (Grandi e Piccole Storie del Circolo Culturale Torre), si afferma che la distribuzione dei palchetti fosse originariamente a forma di U svasata e che nel 1919 fu trasformata nella attuale configurazione. In effetti esiste un progetto depositato in archivio di stato a Parma dove il teatro è disegnato con la disposizione dei palchetti a U svasata, ma non è certo che tale progetto sia stato mai realizzato. Nella contabilità dei lavori del 1919 si parla di sostituzioni di legni deteriorati nei palchetti, non di un totale rifacimento del teatro.

Nel 1905 il teatro era dotato di illuminazione a gas e sotto al palcoscenico vi era la centrale ad acetilene da cui partiva l’impianto di illuminazione.

A partire dagli anni venti, con il sopraggiungere delle norme di sicurezza, il teatro iniziò ad avere problemi di agibilità e le commissioni di pubblico spettacolo rilasciarono solo agibilità temporanee. Negli anni trenta la società del teatro fallì e il teatro passò all’Opera Nazionale Balilla. Terminata la guerra,  il teatro rimase in attività ancora per qualche anno.
La festa da ballo più attesa che vi si svolgeva era il tradizionale veglione mascherato del lunedì di Carnevale, assai rinomato, che vagamente si rifaceva ai modelli viennesi. Era un appuntamento importante, non solo per l’Orchestra locale, che desiderava giungere pronta alla ricorrenza, ma anche per moltissimi giovani, in quanto costituiva per essi un’occasione unica per fare l’ingresso in società. Le ragazze in particolare, accompagnate dai genitori, erano felici di presentarsi agghindate, con l’abito nuovo, spesso confezionato dalle mani esperte della mamma o della nonna. Prima della seconda guerra mondiale numerose compagnie teatrali transitarono a Luzzara:
da quelle di operette (compagnie di Roberto Durot e Viola Violet, Enrico Dezan, Raffaele Trengi e Papparelli), a quelle di commedie drammatiche (compagnia di Osvaldo Buonocore con la moglie Carolina Papa, in arte Lina Frigerri, morta a Luzzara di tubercolosi, a quelle di commedie dialettali (compagnia di Parma della famiglia Chierici). Molti attori venivano ospitati nelle case private, e a essi veniva offerto vitto e alloggio, date le condizioni di estrema povertà in cui vivevano. Fra gli artisti di un certo prestigio transitati a Luzzara vengono ricordati la Capodoglio, diventata in seguito Direttrice dell’Accademia Artistica di Roma, e l’attrice Maria Melato, di fama internazionale.
L’ edificio fu successivamente adibito a molteplici usi, come reparto di verniciatura delle falciatrici Tagliavini, deposito, garage.

Nel 1956 il Teatro fu venduto venduto alla famiglia Bellucci di Luzzara. Fu acquisito nel 1975 dall’Amministrazione Comunale con l’intento di restaurarlo. Nel 1980 si intervenne rifacendo il tetto, per evitarne un ulteriore degrado. Il progetto di recupero venne gratuitamente realizzato dalla concittadina Maria Celeste Freddi, titolare della cattedra di architettura presso l’Università di Cagliari ed esperta di chiara fama nello specifico settore del recupero di edifici monumentali e di pregio artistico. Il Consiglio Comunale di Luzzara, nella seduta del 23 marzo 1985, approvava il progetto di restauro redatto dall’arch. Freddi, e con successivi atti (ultimo quello del 21 aprile 1988) dava corso ai lavori. I lavori terminarono per mancanza di soldi e per altri 25 anni il teatro cadde nuovamente nell’oblio.

La riapertura
L’idea di recuperare la struttura  è ripartita successivamente con un progetto “dal basso”, nel 2013, grazie a un gruppo di volontari, coordinati da Fondazione Un Paese e in accordo con l’Amministrazione Comunale, che hanno ripulito lo spazio, sistemato intonaci e infissi, realizzato un pavimento in legno, tinteggiato le pareti. Il 18 maggio 2013, il Teatro Sociale di Luzzara ha potuto riaprire le porte per mostrarsi alla cittadinanza. I volontari hanno continuato a svolgere piccole manutenzioni e animato alcune iniziative di sensibilizzazione sul progetto di recupero. Interventi strutturali sono stati poi resi possibili grazie ai fondi Regionali ottenuti dal Comune dopo il sisma del 2012, che aveva seriamente lesionato la copertura, e a contributi di un bando della Fondazione Manodori.  Attualmente il teatro ha una agibilità di 99 posti, con il progetto di ampliarla a oltre 150 posti.

Il Teatro Sociale è stato riaperto con una cerimonia ufficiale il 6 ottobre 2018 e intitolato a Danilo Donati, costumista, scenografo, artista poliedrico, luzzarese d’origine e premio Oscar.

Il Teatro Sociale di Luzzara è oggi tra i 59 teatri che in Emilia-Romagna si possono fregiare del riconoscimento di “Monumento Nazionale“.
Questo importante risultato è giunto alla conclusione dei lavori di riqualificazione svolti nel 2024, finanziati per complessivi 305.000 euro dalla Regione Emilia-Romagna, da contributi della Fondazione Manodori e con risorse dell’Ente, che hanno consentito l’aumento della capienza dello stesso con la riapertura al pubblico dei palchi superiori, grazie a lavori di consolidamento, messa in sicurezza, completamento dell’impianto di riscaldamento e illuminazione nonché dei presidi di rilevazione antincendio.
L'aumento della capienza e l'adeguamento tecnologico del Teatro consentiranno un utilizzo più ampio dello stesso, che permetterà di implementare il calendario degli eventi e la proposta culturale. Un arricchimento per la cittadinanza e per i paesi limitrofi.

 

BIBLIOGRAFIA:

  • Grandi e Piccole storie del Circolo Culturale Torre : ed. omnia edizioni, Reggiolo 1997
  • Ricerche Lorenzo Davoli – archivio municipale
  • Io a Luzzara – mensile anni ’80 

Nei dintorni

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Palazzo della Macina


Il vecchio palazzo dei Gonzaga, signori di Luzzara, venne eretto verso il 1481. In origine, con i suoi edifici ausiliari, occupava tutta l'area a sud del castello di Luzzara, tra la chiesa parrocchiale e l'attuale sede del municipio, ma dalla guerra, che culminò con la battaglia del 15 agosto 1702, non si salvò che la parte ancora oggi visibile. L'edificio dopo l'abbandono dei Gonzaga, venne utilizzato per secoli come palazzo pubblico, poi venne abbandonato fino all'Unità d'Italia. 

foto n 2 emergenza n 35 Chiesa Parrocchiale di San Giorgio2

Chiesa Parrocchiale di San Giorgio


Edificata probabilmente alla fine dell'XI secolo in stile romanico, e più volte rimaneggiata. Fu riedificata a partire dal 1676 in stile barocco, salvando solamente la parte absidale, che rimane tuttora in stile romanico. Nel 2000 sono stati eseguiti gli scavi della cripta dell'antica chiesa romanica, dove sono venuti alla luce capitelli, colonne e affreschi risalenti alla struttura originale dell'edificio romanico e cocci di riporto risalenti al periodo precedente. Conserva al suo interno alcuni dipinti cinquecenteschi, in particolare la pala d'altare raffigurante la Vergine col Bambino tra S. Giorgio e S. Girolamo, di scuola giuliesca, eseguito su modello di un bozzetto di Giulio Romano conservato al Louvre